domenica 5 maggio 2013

Quei Santi della povertà



Non ho affatto una conoscenza profonda della vita dei Santi della chiesa cattolica, né posso dire di conoscere molto la cultura della fede, né tampoco di un’altra qualsiasi altra credenza: sono sicuramente un agnostico e, molto probabilmente, un ignorante miscredente. Ma conservo tuttavia dentro di me un rispetto enorme per la passione e la fede di ogni uomo per ogni religione. Fatta questa premessa e tenendo presente che mi piace molto quel motto che recita: se non sai di cosa parli , è meglio che tu stia zitto, dovrei smetterla di avvicinarmi a questo discorso; scherzare coi fanti e non coi Santi, se non fosse che io non intendo affatto scherzare o prendere in giro qualcuno, tutt’altro. Ma quello che mi ha sempre colpito nella vita dei Santi è che la loro capacità di soffrire, per se e per gli altri, non ha mai avuto il fine di risolvere quel problema, ma solo di sopportarlo con rassegnazione in quanto dono del Signore. Prendiamo per esempio San Francesco, si, proprio il numero 10 dei Santi di tutti i tempi, promosso Patrono dell’Europa dopo essere stato il capitano della nostra Nazionale italiana dei Santi.
Lui, figlio di commercianti e militare di carriera,decide di spogliarsi dei propri averi e di vivere nella più assoluta indigenza. Di costruire colle nude mani i templi da dedicare al suo Dio, capace di fare amare la povertà ad altri. Questo è il punto.
Non sono i santi protettori dei poveri, pechè loro non li proteggono i poveri, li producono, sono santi perché amano la sofferenza e la mancanza: amanti della povertà. Attraverso loro, i poveri dovrebbero amare e conservare la povertà come un dono divino, ringraziarlo per questo, i ricchi perseguirla buttando via i loro averi. Suvvia, come si potrebbe mai praticare un’idea così assurda? Dove avrebbero dovuto buttare tutti i loro averi i ricchi e i potenti del mondo? Avremmo seppellito il creato sotto un sacco di immondizia, ma il Santo non pensava assolutamente a delle discariche, pensava invece che ognuno avrebbe dovuto rinunciare ai propri averi, in favore della chiesa cattolica. Ma allora non dovevano forse farlo santo protettore del Vaticano e non dei poveri? Ma la chiesa ce li propone come protettori dei diseredati e nessuno povero mai ha reclamato per questo, quindi noi dobbiamo prenderli così come ci vengono proposti: amanti dei miseri e della miseria, poveri tra i poveri. Questo sembra lo sprone che ne ricevono: l’accettazione supina di una condizione disumana della vita; la loro povertà dovuta ad un dono celeste e non ai signori che detengono la ricchezza mondiale a discapito dell’umanità. I poveri africani e Madre Teresa di Calcutta: una  capacità infinita di viverla al loro fianco, ma mai una parola contro gli sfruttatori delle miniere di diamanti, contro i padroni del petrolio, i signori della guerra, l’opulenta ricchezza terrena della loro chiesa, che coltiva con la stessa tenacia il potere temporale prima e più di quello spirituale.
I Santi protettori dei poveri a me sono sembrati da sempre dei comunisti. Per poter esistere
hanno bisogno che esistano i diseredati, gli oppressi, gli schiavi, i nullatenenti, i morti di fame
e gli esclusi, altrimenti , appena uno ha tre pasti al giorno ed un tetto sulla testa, il minimo per una vita appena decente, non interessa più né ai comunisti né, per l’appunto ai santi.
Non santi, persone malate che andrebbero ricollocate in modo diverso di fronte all’umanità,
come è successo al comunismo. Altrimenti ci toccherebbe fare santi anche Stalin, Ceaucescu, che la povertà non solo la fecero vivere agli altri, ma li tennero nella più assoluta indigenza per cinquant’anni. 
Santi per manifesta procurata santità.
Non penso questo solo io, San Martino ad esempio, pur’essendo stato folgorato dalla fede sulla via di Damasco, mentre usciva da una trattoria dove aveva mangiato e bevuto, incontrò un povero ignudo, sul ciglio della strada, si tolse il mantello rosso porpora, di centurione romano, lo tagliò a metà e ne diede una parte al poveretto. Mica glielo diede tutto! Cosa se ne faceva dell’altra metà? Eppure lo fecero Santo lo stesso, non mi pare che il suo gesto sia stato un inno alla povertà, piuttosto come dicono i marinai:” una mano alla nave e l’altra per sé". Buonsenso, solo santo buonsenso. Non si combatte la povertà buttando via le proprie ricchezze.

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Proprio quando il soffione esplode in mille pezzetti e sembra morire, il pappo vola lontano a fecondare nuova vita.

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