I
Rabdomanti
Il
titolo, al plurale incute quasi timore. Parola in disuso e sconosciuta alla
maggioranza della gente, etichettava un tempo alcune persone, capaci di cercare
e, si diceva di trovare, le vene sotterranee, il punto preciso dove scavando,
si sarebbe trovata abbondante, l’acqua.
I
personaggi capaci di tanto, erano più famosi e diffusi nella cultura agricola
del mondo contadino, specialmente al sud dell’Italia, dove erano rispettati
come dei santoni, ricercati e difesi come una proprietà dalle comunità,
blanditi e guardati al pari dei guaritori, chiamati a cercare acque
sotterranee, necessarie a dissetare famiglie contadine e i loro animali nelle
campagne, o ad irrigare i campi.
Ricordo
ancora di aver visto questi strani personaggi, aggirarsi per i campi con un
ramo di salice (quello dei vimini per fare canestri, alberi che crescono sul
bordo dei corsi d’acqua e nelle paludi, dal legno molto flessibile) tagliato un
ramo, a forma di Y tenuto per le punte della biforcazione tra la punta
dell’indice, il medio ed il pollice mentre lo rigirava lentamente fino a
quando, senza apparente intervento dell’uomo, il ramo cominciava a vibrare. In
quel punto si scavava allora il pozzo. Se la vena era superficiale e grossa, quell’uomo
diventava il Dio dell’acqua e di lui si sarebbe parlato a lungo dappertutto,
rendendolo famoso nel tempo e nello spazio, la vena ritrovata sarebbe diventata
di bocca in bocca sempre più superficiale e grossa “ …gli uomini scavarono
pochi metri e subito trovarono una vena d’acqua che gettava con una pressione
incredibile, grossa così…”l’avrebbero raccontata proprio con queste parole,
diminuendo ogni volta i metri del terreno scavato in profondità e dilatando il
gesto con le mani (indice e pollice teso) ad indicare la corposità del getto.
Nessuno avrebbe mai dubitato che, magari un poco più in là, in un altro
qualsiasi punto del terreno, l’acqua, si sarebbe potuta trovare ancora più
superficiale o di più grassa gettata. Non ci sarebbe mai stata, in nessun caso
una controprova. Qual’era lo stolto che avrebbe scavato un pozzo per
verificarlo? E se l’uomo diceva che non c’era acqua in quel terreno? Non si
scavava. Nessuno avrebbe pagato più giornate di lavoro ad una squadra di uomini
con la possibilità di passare per scemo dopo che il rabdomante, demiurgo
idrico, aveva sentito che lì, in quel terreno se proprio avessero mai voluto
scavare un pozzo, contro le sue indicazioni, l’acqua, l’avrebbero trovata molto
profonda e solo un filo striminzito che non avrebbe mai riempito un pozzo. Il
rabdomante che io vidi al lavoro, da bambino, era un omone grossissimo ed
introverso, con la voce cavernosa dovuta, sicuramente al fumo ed al vino , ma
che io , bambino, pensavo all’umidità di
quel suo stare a stretto contatto con le fredde vene umide del sottosuolo,
tutto vestito di velluto a coste marrone, aveva piantato un ramo secco nel
terreno e ci aveva appesa la sua enorme giacca, dai taschini del gilet pendeva
la catena di una “cipolla” l’orologio da tasca, poi aveva rigirato i polsini
sbottonati delle maniche della camicia, sull’avambraccio e si era messo a
girare per l’aia della masseria con la ipsilon di vimine in mano. Io li ho poi
sempre immaginati così tutti i rabdomanti: necessariamente, uomini grandi e
grossi e, soprattutto, taciturni, quasi imbronciati fino all’ora di pranzo
quando, una volta seduti a tavola, si scioglieva in un chiacchiericcio senza
soste ed in una capacità intimidatoria di bere vino. Mi chiedevo allora come
mai l’acqua non la facessero cercare alle donne, alla Mamma ad esempio, ero
certo che la mamma, qualsiasi madre, sarebbe stata capace di trovare l’acqua
anche nel deserto, se il figlio aveva sete. Che ne sapevo io a quell’età che
nel deserto le mamme c’erano e l’acqua no? Non ho mai creduto che quegli uomini
avessero un potere particolare che gli consentisse davvero di trovare l’acqua,
o almeno che tutti gli esseri umani,avessero le stesse possibilità, ma allora
mi chiedevo” perché mai un uomo,il proprietario del terreno, chiama un altro
uomo per farlo?…” capivo che era una questione di fiducia in se stesso.
Qualcuno
ce l’aveva e qualcuno no. Però credevo in un altro potere che aveva quell’uomo
e quelli come lui:quello di indurre gli altri a credere in lui. Qualsiasi cosa
facciano, ci sono delle persone che riescono, senza evidenti sforzi, ad
ottenere dagli altri la loro completa fiducia e, attraverso quella buona
disposizione, a tirare fuori il meglio, o il peggio da loro. I prestigiatori ad
esempio, hanno bisogno che tutti gli spettatori in sala credano nella loro
magìa, perché i loro trucchi appaiano davvero come incredibili. I comici, sono
i più abili in questo, sanno di quanto sia contagioso il ridere, così si
scelgono alcuni sguardi ben disposti tra il pubblico, ai quali indirizzano spesso
il loro durante lo spettacolo, se riesce a far ridere quelli il suo spettacolo
avrà successo. Lo fanno anche i cantanti, spesso chiedono al pubblico di
cantare con loro e così coinvolto il pubblico monopolizzato è più controllabile
e la sua musica sembrerà magica. Alcune persone però sono magiche davvero. Non
hanno alcun bisogno di fare niente perché tutto gli viene naturale anzi, è
proprio dalla loro naturalezza che scaturisce il potere magico di cui sono
dotate. Passano per strada e, senza sapere perché, la gente si volta a
guardarli con un sorriso sulle labbra, riescono a rasserenare gli animi agitati
durante una discussione, a tirar fuori il positivo da chiunque. No, no
aspettate, state per obiettare che ci sono persone che fanno andare su tutte le
furie molta gente, che hanno il potere, negativo, di far esplodere rancori e
odio, di agitarti solo e ti si avvicinano, sono rabdomanti anche loro? No,
suppongo di no, così come l’odio non è il contrario dell’amore. La mancanza
d’amore deve essere considerato un fatto patologico, di grande sofferenza per
il cuore incapace di amare e per coloro che gli vivono intorno, ma non è breve
il passo tra la mancanza d’amore e l’odio, ci sono migliaia di scalini in
quella scala che porta dal primo all’ultimo piano. Una persona può non amare,
ma potrebbe essere benissimo capace di vivere senza odio alcuno, essere capace
di vivere normalmente la sua vita nella quale
ci
può essere della comprensione, della tolleranza e perfino dell’affetto. Chi
odia invece è preda del male, capace di far male, prima ancora che agli altri,
a se stesso. Così chi non è capace di far fiorire dagli altri i sentimenti
migliori: la serenità, la dolcezza, l’amore, non sono l’alter ego del
rabdomante. Queste persone speciali sono dotate di un potere che si diffonde
intorno a loro senza dover far altro che passare in mezzo alla gente, ma tra
questi e coloro che sono capaci di far affiorare la rabbia, l’odio, ci sono
milioni di essere
umani
che, incapaci di far pendere il peso da un lato o dall’altro, vivono come
comparse una vita di complemento, sono il pubblico di uno spettacolo in cui le
parti da protagonista sono affidate ad altri. Facciamo l’esempio del governo di
uno stato democratico, illuminato, buono e l’opposizione politica di chi vuole
uno stato di polizia, militarizzato e guerrafondaio, tra queste due opposizioni
ci sono i cittadini, comparse da conquistare di volta in volta per la vittoria
dell’una o dell’altra fazione.
Così
noi dobbiamo intendere i rabdomanti: sono coloro che hanno il potere di far
venire a galla tutti i buoni sentimenti senza altro tornaconto di quello di
vivere in pace in un mondo migliore, quelli che vogliono il male, lavorano
molto per costringere gli altri a rispondere sullo stesso piano. Così io ho
vissuto la capacità rasserenante di una signora che ho conosciuto per caso, la
sua capacità di diffondere intorno a sé quell’aria speciale era tale che io non
riuscivo a trovare neppure le parole per esprimermi, non le trovavo necessarie.
Non
sapevo niente di lei, ma ogni volta che l’avvicinavo, il mio stato mentale
sembrava disteso sul lettino di un massaggiatore, questo succedeva tutte le
volte che la incontravo. Quando ne parlavo a mia moglie, lei mi guardava come a
cercare di capire se io mi stessi innamorando di un’altra donna, ma quando la
conobbe, rimase lei stessa incantata da quell’aria dolce che si diffondeva e mi
disse:è una fata! La tranquillità e la positività che si respirava era tale che
anche il marito, un chirurgo ortopedico prestato alla politica, sembrava pregnante
di quel benefico potere.
Ma
era lei il fulcro di quella sorgente, lo si percepiva immediatamente. Così
successe poi in un’incontro con una nipotina di mia moglie, appena quindicenne.
La ragazza, completamente ignara di esercitare sugli altri una qualche forma di
potere, viveva la sua vita in uno stato di tranquilla accettazione di tutto ciò
che avveniva intorno a lei, non si accorgeva che tutto quello che avveniva era
già stato modificato dalla sua presenza.
Si
era accorta di questo, già da tempo, l’anziana nonna, gli altri la vivevano
coscienti che lei non era come tutti. Faceva parte di quei pochi eletti, capaci
di saper aprire brecce di positività, nei muri di difesa che ci circondano come
per proteggerci e che invece ci fanno prigionieri, facendoci vivere male.
Rabdomanti di sentimenti, ma davvero saranno capaci di trovare l’acqua?
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