lunedì 25 aprile 2011

il tempo delle trebbie

Il tempo delle trebbie

Pulsavano come un cuore sulle aie
ai bordi frastagliati del paese,
un cuore con una leggera aritmia,
battevano spesso colpi a vuoto,
e i nastri che frusciavano sul ferro
lucido e rovente dell’estate.

Portavano solo polvere di niente.

Intanto l’oro che scendeva lento,
spesso a stento senza quella allegria,
che invece era negli occhi
dei piccoli affamati.

Riempiva scarni sacchi di fatica.

Le trebbie pulsavano d’estate
intorno a loro sudava il mio paese
la loro vita durava più di un mese
come la speranza della gente
che alla fine della giostra
e delle belle giornate.

Tornavano al clima delle nebbie
e all’odore acre delle vinacce.

Le facce delle donne al mio paese
avevano il sorriso a primavera,
mentre pulivano le erbe dentro al grano,
e cantavano in una sola voce.

...Lucia si chiamava era innocente…

Le mani delle nostre contadine
non erano certo quelle delle madame
ma la sera, lungo le contrade,
ricamavano leggere merletti e trine.

Dentro le case non c’era quasi niente
e quel poco profumava le cucine,
mentre i bambini giocavano per strada
o disegnavano col fiato sulla vetrina.

Progetti che duravano un istante-

Il tempo delle trebbie ritornava ogni anno
prima della festa del  santo patrono,
la polvere riempiva l’aria e si posava
sui piatti della conserva come una farina.

Fischiavano le cinghie sulle ruote
battevano i covoni del biondo grano,
mentre alla gente non restava in mano
altro che la polvere del tempo,
chiusa nella rabbia di un pugno.

Le trebbie sulle aie del paese
erano colonna sonora del mio giugno
ora lontano. È il tempo delle vinacce.
 E col fiato disegno sopra i vetri.

Ancora quel sole, che mi manca da bambino.

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Proprio quando il soffione esplode in mille pezzetti e sembra morire, il pappo vola lontano a fecondare nuova vita.

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