martedì 11 luglio 2017

I posteri

Quando mi viene il biribizzo ( ma sappiamo ancora cos'é?) di scrivere per spiegare una parola insonne,(le parole insonni sono quelle che non usiamo mai, ma che, chissà perché, ogni tanto ti svegliano di notte, saltandoti come un grillo nella testa), mi ritrovo sempre in un limbo di incertezza e mi ritrovo a chiedermi, se certe cose  esistono poi ancora anche per gli altri, oppure sono fantasmi solo miei.Certo che ce l'avevo azzeccata, quando Ivano Barbiero, giornalista della Stampa, mi chiese di scrivere e curare una rubrica del suo giornale" Torino olimpiade 2006" ed io trasformai l'angolo della poesia che mi era stato affidato, in una officina del linguaggio che andava(secondo me) riformato. Ecco, siamo esseri in divenire, ma io su questa cosa proprio non ho cambiato idea: il nostro primario problema è che parliamo troppo, tutti, ma nessuno sa più quello che dice! O meglio...non possiamo sapere, con certezza, che chi ci ascolta, comprende proprio quello che noi intendavamo dire. perchè le parole che usiamo, non hanno più il senso che avevano  quando parlavano i nostri antenati! ed eccola qua, un'altra parola insonne: Antenati! Ma che vuol dire questa? gli antenati erano i nonni dei nonni e si chiamavano "bisnonni" o ancora "trisavoli"...e poi? eppoi appunta antenati o avi e via, tutti quanti quelli venuti prima, nella notte dei tempi. Ma ce li abbiamo tutti gli antenati? Parrebbe proprio di sì! anzi, una volta questa era la certezza delle certezze: esisti, quindi hai (anche tu) degli antenati! Qualcuno che ti avrebbe raccontato dei padri, nonni, bisnonni e trisavoli, l'avresti trovato sempre, Ma ora? Ora, noi siamo i figli dei "caduti in guerra" (che bella anche questa parola...)caduti, mica morti. Tanto poi uno si rialza, no? una altra volta però...siamo,  dicevo, orfani di guerra, di guerre meglio...nella prima avevamo perso il nonno sul Carso, nella seconda il padre in Africa o in Albania...e con questa avevamo messo il punto alla nostra "notte dei tempi"! Noi non avevamo nessuno che ci parlava degli "antenati", e se mai ci fosse rimasto qualcuno che lo faceva; che sò io...uno zio, un cugino del padre o del nonno (una volta c'erano queste figure nella vita), con l'emigrazione l'abbiamo perso poi per sempre e quindi amen! Noi siamo emigranti: abbiamo perso le radici da troppo e non ci siamo neppure accorti di cosa mancavamo. Non ce la abbiamo fatta a capire da soli e...gli altri, si son badati bene di farcelo intendere; noi non avevamo gli avi. Io in realtà, mi sono accorto da subito, quando sono emigrato, che avevo un sacco di problemi che mi riempivano le giornate e le notti in modo assillante, ma che un giorno all'anno, io ero completamente libero! Il due novembre; il giorno dei morti! Ecco, tutti intorno a me compravano crisantemi, fiori da portare al cimitero agli avi, mentre io ero completamente scevro da ogni preoccupazione. Una volta, l'ultima settimana di ottobre, tutti erano presi da un impegno imprescendibile: il pensiero di prenotare il vaso di crisantemi, di dover recarsi in più di un cimitero, di telefonare e rivedere i parenti e di fare la bagna caòda, dopo il proprio dovere. E tu? tu...niente, tu eri un migrante, non ce le avevi queste incombenze! Un migrante era uno che non aveva passato. O almeno...si, da qualche parte doveva averlo pure avuto, ma chissà dove lo aveva lasciato o perso. Insomma...se esisti devi aver avuto degli avi, ma dov'erano? La vita di un migrante era come il paradosso di Fermi: se ci sono, dove sono? Eri come uno che si trova alla fermata del tram, sarebbe andato in qualche posto, dovunque, ma se veniva da qualche parte non si sa e comunque...non aveva importanza. Ecco quindi: tu gli avi o antenati, non ce li avevi. Ed allora tu, che non avevi lasciti o eredità, tu che avvitavi bulloni tutto il giorno, a fianco di quello che comprava crisantemi e telefonava ai cugini, che sarebbe andato al cimitero (che tu manco sapevi dov'era e lo immaginavi tanto lontano) tu, che avevi? Che avvitavi a fare? Tu che avevi? Tu, avevi il futuro. Tutte le fermate del tram, da quella fermata in poi. Certamente stavi pagando un prezzo: niente parentele, niente eredità, niente bicicletta del nonno e neppure l'obbligo di preparare, per l'ultima settimana dei nebbiosi fine ottobre, quella mesta rimpatriata coi parenti...(ah! che noiosi...) Quasi un privilegiato. Uno che parte dalla fermata di metà percorso di un tram, anche se non sa dove è il capolinea di partenza, nè quante fermate ha perso fino a che non è salito, ha tutte le altre fermate che lo portano al capolinea d'arrivo. Beh, ne ha di cose da fare però! da domani...dal giorno dopo il due novembre. Ogni anno. Per sempre. Ed allora? Non perdiamoci d'animo, allora...!  Abbiamo il futuro! Ecco cosa ci ha fatto muovere dal letto, cosa ci ha eccitato durante la nostra vita: il futuro! e...che cosa ci aspettavamo dal futuro? Cosa ci doveva essere nel nostro futuro che lo rendeva così eccitante? Un sacco di cose: il lavoro, prima di tutto! Il lavoro era il motivo per il quale eravamo partiti. O meglio, la sua mancanza. Il lavoro però, perchè era così importante? Per noi migranti, senza radici ed capolinea di partenza, il lavoro era il posto in cui eravamo persone! il luogo dove avevamo nome e cognome, un ruolo! Era anche il posto in cui incontravamo gli altri, quelli che da lontano sembravano gli altri, ma che avevano preso il tram solo qualche fermata prima o anche dopo, ma che ora viaggiavano con noi e gli altri eravamo noi. Il lavoro ci dava possibilità di immaginare che quella ragazza sarebbe potuta diventare un giorno una compagna per tutta la vita, la madre dei tuoi figli e che dopo, in qualche fermata di quel tram, avresti persino avere avuto dei nipoti: i posteri! Ecco quale era la forza motrice della vita di un giovane. E' vero: potevi essere saltato sul treno a metà percorso, potevi aver perso tante cose, ma una certezza ancora rimaneva: avresti avuto un futuro e dei nipoti! Credo che il senso della vita, insieme a quello della istituzione famiglia, abbia tenuto molto a freno certe inibizioni che nel passato hanno garantito un modus vivendi civile, una convivenza nella società percepita come una proprietà di serenità e di prospettiva. Molti avevano gli antenati che li giudicavano, tutti avremmo avuto i posteri. Ai posteri l'ardua sentenza! si diceva un tempo. Può sembrare poca cosa, ma se ponete sul vostro capo, il peso del giudizio che possono emettere, su di voi e le vostre azioni quotidiane, gente che ha fatto parte della vostra vita o ne rappresenterà il futuro, sono certo che in qualcosa modificheremmo il nostro comportamento, in molte occasioni! Voglio dire che la società odierna, é formata da esseri viventi unici, con pochissimi fili che li legano ad altri, a se stessi. I giovani di oggi non hanno un legame forte col passato e che non li proietta in nessun modo verso un futuro in cui temere il giudizio dei posteri. Per questo rompono la pensilina della fermata dove aspettano un tram che non arriva e che non li porta da nessuna parte. Sanno di essere vivi qui ed ora, e qui, ora, prendono tutto quello che possono e che sempre é troppo poco per una vita. I legami di oggi sono quelli costruiti intorno ad un happy hours o al tifo di una squadra, ad un viaggio o (peggio) ad un social network, dove gli altri rimangono tali; non diventano mai noi. Ecco perchè in una piazza affollata intorno ad un maxi schermo, la cretinata di qualcuno, può produrre mille e quattrocento feriti tra gli altri, perchè una precedenza mancata può trasformare un automobilista in assassino, perchè l'offesa di uno sconosciuto, motivo per andare a casa ad armarsi e tornare a vendicarsi uccidendo. Non è un mondo fatto di noi, ma di me e gli altri. E i posteri? i posteri non giudicheranno? No. Non lo fanno più, perchè i posteri, quelli che verranno dopo, non siamo più noi, quelli che da noi discendono e prolungano il nostro futuro. I posteri arrivano coi gommoni oggi, a piedi, o dalle frontiere dell'est o, se discendono da noi, qualcuno ce li porta via, ci separa da loro, ferendoci e, troppo spesso, affrancandoci dal loro giudizio. Anche loro non diventeranno più noi. Per questo non li temiamo e non li amiamo più. I posteri non portano più il nome del loro avo, non parlano più lo stesso dialetto, ogni tanto non parlano neppure la stessa lingua e qualche volta non hanno la stessa pelle...

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