senza
clamore, ma l'hanno riconosciuto.
S'aggira
tra le dune del passato
ed
ha in mano il cibo dei suoi giorni,
che
le radici crebbero per lui.
L'uomo
del futuro ha gli occhi blu,
d'un
blu cobalto che vira verso il viola,
quando
inasprisce mentre inventa parole,
in
un idioma che nessuno ha mai parlato,
per
una canzone mai stata cantata.
L'uomo
del futuro che non si sa,
tiene
la mano a quello del passato
e
fanno ponte sul tempo del momento,
mentre
quello trasmuta il corrente
in
un giorno vissuto, come ieri.
Il nuovo arrivato non ha foga,
stringe
i minuti in una mano/morsa,
nella
sua gara tutto va a rilento,
s'attarda
a commentare il suo sentiero;
è
solo il pensiero quello che viaggia forte.
All'uomo
di domani è stato dato
un
filo nuovo con cui cucire il tempo,
due
vele di ricambio per il vento,
una
canzone ancora senza testo
e
senza voce che lui dovrà inventare.
Ora
la scena è sua, dovrà iniziare,
la
sala è piena di un pubblico fervente
che
aspetta le sue note, le parole
del
suo lavoro, del suo do di petto,
il
suo progetto della strada da fare.
Ecco
che prende il fiato, come un sospiro
il
tempo di un'attesa che scintilla,
nel
cielo un lampo brilla per un secondo
ed
un applauso, come un temporale,
sta
per scoppiare con il suo fragore;
la
scena è sua, ora potrà cantare.
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Proprio quando il soffione esplode in mille pezzetti e sembra morire, il pappo vola lontano a fecondare nuova vita.
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