Gli emigranti sono in una sorta di terra di nessuno e questo, in piena coscienza, lo sappiamo tutti! Quando siamo scomparsi dal paese natìo, non ci ha rimproverato nessuno. Nessuno ci ha chiesto di fermarci. Neppure chi ci voleva bene ed avevamo anche ragione a pensare che avrebbe avuto bisogno di noi. Quella, apparentemente nostra, insana decisione, è stata accolta come la glassa tra le due parti di un biscotto da una parte dolce, dall’altra salata, con sentimenti contrastanti che stridono tra loro: dolore da una parte ed un respiro più libero e leggero dall’altra; con la paura della solitudine da una e con la speranza che, in caso di fortuna avremmo potuto aiutare chi rimaneva, sia economicamente sia (in ultima ratio) con un aiuto in caso di loro decisione a raggiungerci. Alternativa mica da poco quest’ultima. Era una certezza il fatto che la partenza, racchiudeva in sè l’ammissione che l’anello più debole della catena non aveva retto. La sua debolezza rompeva la catena famigliare di rapporti affettivi e, da quel momento, diventavi quello che se n’era andato, il forestiero, il ciao neh, il parente che…dopo-tre-giorni-puzza-come-il-pesce. Ai primi affettuosi ricongiungimenti estivi, si sarebbero presto scoperti i primi screzi in famiglia che si sommavano negli anni, facendo velocemente diradare le visite ed i ritorni in paese. La morte dei genitori avrebbe fatto, spesso definitivamente, mancare quel perno centrale, attorno al quale giravano tutti i fratelli. Quante volte mi è capitato di sentire dire” In ferie?…Andiamo al paese…che vuoi: finchè è viva Mamma…” Già. Nella casa della Mamma (unico luogo al mondo) abbiamo sempre trovato piena cittadinanza. Lì si è sempre figli e non importa proprio se eri emigrato in Italia o in Europa, o se avevi cambiato continente: In casa della Mamma, foss’anche un’unica stanza, tutti abbiamo sempre mantenuto il proprio posto, magari sgomitando ancora con gli altri fratelli, Ma non é proprio questa la famiglia? Quando la Mamma (dico scientemente la Mamma e non il papà, perchè credo che tutti siamo d’accordo che lei é l’unica colla che unisce la famiglia, anche da sola, mentre un padre vedovo, un uomo solo era solo una domanda: “Chi lo può tenere”?) Quindi…quando la mamma viene a mancare però, nascono screzi ben più pesanti delle baruffe nella nidiata. Chi é rimasto in paese, spesso si sente l’unico erede con il diritto di raccogliere quel poco o tanto di eredità. Casa e/o terreni, diventano pretesto per un diritto maggioritario acquisito perchè “…Io son stato sempre quà!” Magari sì…Magari sei rimasto sempre là proprio per succhiare di più, per comodità…per mancanza di coraggio o per una scelta magari più coraggiosa, ma che c’entra questo con il diritto ad ereditare quel niente dei propri genitori? Si é figli in quanto tali, non per una coerenza geografica! Tante volte…quante volte? Gli emigranti si sono visti espropriare di quell’unico legame che teneva ancora un filo di radice con la sua origine, proprio da chi veniva ora a rappresentare l’unica possibilità di poter tornare al paese: il fratello o la sorella. Quando questo succede, per l’emigrato é un fatto terribile: il tuo sangue che ti disconosce, che ti mette fuori casa, che ti ruba ( prima ancora della proprietà, la tua identità, la cittadinanza!) Terribile! Qualche volta questo non succede. Quasi mai un fratello, quasi sempre una sorella, diventa il punto di riferimento che sostituisce la mancanza della Madre morta. Spesso però la casa è riempita dai figli (anche loro emigranti) che tornano a casa dalla loro madre e non c’é più quella possibilità di essere ospite al paese. questo dato è diverso per chi ha costituito una coppia di vita con un compaesano/a, si raddoppiano le possibilità e con queste, quelle di essere due volte massacrati da esperienze demolitrici, magari distanti nel tempo, ma per niente meno distruttrici di quel terremoto familiare che finisce per allontanarti e rubarti anche delle amicizie, di ogni ricordo. Per un pò l’emigrante prova ad affittare casa al mare o va in campeggio ma poi, si accorge che non è stare al paese ed allora…se proprio devo fare mille chilometri per andare al mare…vado dove voglio io…Così si comincia a non tornare più e si diventa, anno per anno, migrato dimenticato, forestiero, al proprio paese. Tutto questo succede mentre dall’altra parte, nel posto dove il migrato s’è stabilito, ancora non si riesce ad avere delle radici stabili. Non dico che non si é intessuti rapporti importanti, buone amicizie, magari spesso parentali, ma per quanto inseriti, integrati (come amano definirli gli indigeni), l’emigrato non ha radici sue a cui tenersi attaccato nei momenti di difficoltà o di gioia. Quelle le avranno gli altri se lui le pianta. Le avranno i figli, i nipoti, ma finché non arrivano loro, l’emigrato é solo una canna al vento, un forestiero. Lo impara a sue spese quando all’inizio pagherà il fastidio di quello che ti accoglie con la puzza sotto il naso, refrattario a matrimoni misti, a fare affari con te, perfino ad affittarti una casa. Lo impari dopo quando, in tanti anni ti accorgi che non sei entrato molte volte (o nessuna) in una casa di un nativo del luogo. Lo impari quando sei in fila all’ufficio anagrafe, dove hai sempre mille difficoltà anche per un semplice certificato, quella fila è sempre costituita di emigranti come te, ma i nativi non fanno mai certificati? Lo impari quando chiedi un mutuo per la prima casa, con le banche che ti chiedono se hai delle proprietà da dare in garanzia, lo impari se un miracolo fa innamorare una del posto di te, la risposta del genitore se oserà presentarti al suo cospetto “…piuttosto un negro che un napuli!” E dopo che passi ( Dio quanta fatica!) una vita vissuta da forestiero in qualsiasi luogo ti verrai a trovare, ecco il dramma finale: Dove pensi che vorrai seppellire le tue ossa alla tua dipartita? Il dilemma ti sorprenderà quando ritorni a sentirti come all’inizio, una glassa tra due fette di un biscotto dolce/amaro: e dovunque deciderai per la tua ultima residenza sarai un forestiero e già senti la domanda dei parenti degli altri coinquilini del camposanto quando verranno a trovare i parenti il due novembre:”…Chi è questo signore?” ” Mahh…non lo conosco, mi sembra un forestiero!”
Perché tutto questo discorso? Questo non è il discorso, questa è solo la premessa! Il discorso è breve: Nell’anno dei festeggiamenti dell’Unità d’Italia volevamo fare la nostra parte, dare il nostro contributo dimostrando che le cose erano cambiate, che non siamo più a quando eravamo gli emigranti, abbiamo chiesto di poter fare una mostra fotografica dal titolo “Emigranti: Cittadini di due Comuni”, proprio nel tentativo di dimostrare quanto la premessa fosse, se non falsa completamente, almeno superata in parte. Abbiamo chiesto il patrocinio al nostro municipio, da quello da cui siamo partiti: Non abbiamo avuto nessuna risposta. Il sindaco del paese del sud mi invia i calendari del paese e altra roba di proprietà dell’Associazione, non alla nostra sede, ma presso l’indirizzo di un suo amico d’infanzia fidato, il quale non me li consegna, ergo…Non me li ha mandati!
Da quello in cui vive una grossa comunità nativa dello stesso Comune, il paese del nord ci dice che dovremmo fare la riunione in biblioteca in un giorno lavorativo, perchè se lo facciamo di sabato dovremmo pagare la metà della cifra di affitto del locale, una botta…(!). E questo, a mio avviso , é come dire “…ma, andate a quel paese…” Non esagero, ma perchè la biblioteca è aperta dal lunedì al venerdì? Non é un servizio? Sarebbe così strano che i lavoratori di un così importante ramo della diffusione culturale, praticassero i turni festivi come gli infermieri e i poliziotti, i pompieri ed i baristi, i venditori ambulanti e i dipendenti dei grandi centri commerciali, i carabinieri e le guardie giurate, i ferrovieri e il trasporto locale, i casellanti delle autostrade e le assistenti sanitarie, il pronto soccorso stradale ed il 118, i medici e le infermiere, l’industria vuole che perfino i dirigenti e gli operai facciano i turni, oltre che diurni e serali anche festivi, solo la Camera ed il Senato chiudono durante i fine settimana. Il Parlamento e le biblioteche!
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