mercoledì 30 maggio 2012

Ciao Janet, ciao Prince e ciao alle nostre speranze...

Care amiche tutte, ieri sera, senza preavviso, mi sono venuti a trovare Janet e Prince, due dei "ragazzi" di Forno, marito e moglie,  provenienti dalla Libia ma di origini del Ghana. La Commissione prefettizia, ha rigettato il loro ricorso ed offerto loro il rimpatrio assistito. Non è facile ammettere che forse questo rifiuto di accoglienza da parte del nostro paese, sia un brutto colpo per l'impegno di accoglienza che mi ha visto prima, e ci ha visti poi, solidali con questi "figli di un altro colore" che per un anno abbiamo abbracciato. Non è facile ma non è nemmeno orribile, sapere che questo paese che li condanna ad un ritorno forzato nella loro povertà, li salva senz'altro da una vita di stenti in un Paese (il nostro) che sembra scendere velocemente verso un brutto futuro. Il dolore di doverli salutare é mitigato da questa consapevolezza. Prince é un giovane capace di lavorare con determinazione e capacità in molti lavori artigianali che nessun giovane italiano vuole fare più (almeno qui al nord) e la moglie Janet,  é una delle donne africane più pulita e capace che ci siano giunti su a Coazze. Una villa ed una famiglia, affidata a loro due sarebbe vissuta tranquilla e ben assistita, ma non hanno avuto la possibilità di lavorare e, dopo un anno in cui loro sono stati il lavoro di italiani disoccupati, tornano sconfitti al loro paese. Non so se potranno comunicare con noi, hanno il mio indirizzo, ma temo che dai loro villaggi manchino i canali tecnologici che potrebbero consentirci di restare in contatto. Vanno via per primi, ma penso che altri ragazzi tra i "nostri" presto li seguiranno. Sono venuti a salutarmi solo poco tempo prima di fare i loro bagagli. Questa mattina la polizia li accompagnerà all'aeroporto. Soffro già un pò di mal d'Africa, ma come ho detto prima, non credo che qui avrebbero avuto una gran vita. Specialmente loro, tra i più duri ad imparare ad integrarsi e fondersi ( per quel poco che può essere possibile ad un nero) con quello che è il nostro paese oggi. Loro sono due dei più coriacei africani che tornano nel loro paese con poche parole della nostra lingua, imparata controvoglia in un anno di scuola dei nostri volontari ( Ah! la passione e la dedizione della nostra Elisa Sartori ) , tornano con quelle due parole ripetute due volte con le quali li abbiamo conosciuti, quando nel nostro primo incontro gli abbiamo detto:" capite l'italiano?"  "poco poco, piano piano". Prince e Janet non hanno imparato molto di più, convinti che erano qui per lavorare, non per studiare e che a chi ha voglia e buone braccia per lavorare, non serve altro. Quando gli parlo chiedo sempre se hanno capito e la risposta è sempre "si", ma poi abbassano gli occhi, é una bugia, come quelle della traversata del Sahara che hanno raccontato alla commissione, bugie. Bugie che sembrano la causa della loro condanna a ritornare in un posto senza speranza, ma che hanno un senso solo perchè siamo in crisi e incapace di aiutare noi stessi, figuriamoci gli altri. Siamo davvero in crisi se gli altri, son tornati ad essere davvero GLI ALTRI e non noi stessi.
Ciao Janet, ciao Prince e ciao alle nostre speranze...

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Proprio quando il soffione esplode in mille pezzetti e sembra morire, il pappo vola lontano a fecondare nuova vita.

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