venerdì 3 dicembre 2010

L'ultimo Viaggio

L’ultimo viaggio
L'argomento é ostico anzi,, più che ostico, é tabù!
La Morte.
Non siamo capaci di affrontare questo argomento serenamente, neppure se ci prendessimo una overdose di calmanti: della morte non si deve parlare e basta!
Manco bastasse il fatto di non parlarne per esorcizzarla!
Non so se dire che abbiamo una sorta di vergogna o se é paura di affrontare questo argomento ma, quasi come potesse contagiarci al solo nominarla, la evitiamo. 
La evitiamo? Evitiamo di parlarne, ma che questo silenzio serva poi ad allontanarla da noi, non é mai stato vero: tutti coloro che ci hanno preceduto si sono dovuti arrendere al suo abbraccio, che ne parlassero o meno. Allora perché il percorso della nostra vita; una esperienza così unica, interessante, paradisiaca e drammatica in modo struggente al contempo, non contempla la possibilità di discutere intorno ad essa, sondarla, sfrucuniarne il mistero al fine di comprenderne meglio il fine? Se non servirà a capire come evitarla (visto che su questo è d'uopo arrendersi) almeno come non temerla, non essere terrorizzati da questa ultima scena a metà tra la nostra vita ed il buio totale? La morte é totalmente contemporanea della vita, nasce con essa ma, mentre sul mistero della vita, continuiamo ad ossessionarci con la domanda: Da dove veniamo, dove andiamo e perché, sul mistero della morte ci allontaniamo mano a mano che cresciamo, fino a voler credere che questo serva a farla decadere in un oblio utile a vivere più spensieratamente. In verità sappiamo benissimo che questa austera signora è la nostra compagna più fedele: dalla nascita in poi non ci lascia un minuto, al punto che per poter dire "...in poi..." abbiamo bisogno del suo tacito consenso, senza del quale non c'é nessun "...in poi...". Amo rileggere spesso un antico libro che posseggo dal primo giorno arrivato a Torino nel 1970. Il marito di mia cugina, arrivato nella città sabauda da Lesina, molto tempo prima, mi portò a conoscere la città e in questo giro, passammo quasi tutto il pomeriggio al Baloù, a Porta Palazzo,il mercato più grande del  capoluogo piemontese. Affascinato dal fatto che nella città della Fiat che rappresentava la modernità del Paese, si vendessero cianfrusaglie di ogni tipo ed età, feci qualche acquisto coi pochi soldi che avevo ottenuto dalla vendita di un quadro. Comprai tre cose che posseggo ancora: un piccolo Gong di ottone ( mi piaceva percuoterlo col suo maglio di legno ed ascoltarne il riverbero del suono) alcune monete antiche (dalle quali ho sviluppata una discreta collezione) ed un libro del 1700  "Discorsi per l'esercizio della buona morte" dell'abate Pierjacopo Coppa (Tomo 1° - 1785)  e che in quaranta anni avrò letto un numero infinito di volte. Confesso che ogni volta che mi avvicino al libro, é perché in quel momento la mia mente é presa da stanchezza o agitazione, basta la lettura di alcune pagine a sedarla e a farle ritrovare la serenità e a ringiovanirla. Il libro raccomanda di fare periodicamente ( una volta al mese) un esercizio che consiste nel fermarsi, confessarsi (o fare autocritica, detta con le parole di A.Gramsci ) e salutare la vita come se si stesse per morire. Io non faccio questo esercizio completamente ogni mese, ho spezzettato e ridotto il suo iter rendendolo più moderno, leggero e veloce. I tempi moderni non ci concedono molto da dedicare a noi stessi, ma se ci scarichiamo della confessione ( o autocritica) dando per assodato che abbiamo sicuramente sbagliato e peccato e passiamo direttamente ai saluti alla ignara platea che ci circonda, come se non li rivedremo e non ci rivedranno più, ogni sera si può spegnere la luce dando l'addio alle cose che abbiamo terminato, a quelle che abbiamo lasciato incomplete e alle persone che amiamo, così da prepararci ad andare serenamente nel sonno sapendo che abbiamo, almeno, salutato tutto il nostro vissuto. Al risveglio (finché capita) siamo in grado di ricaricarci di tutte le incombenze del giorno precedente, con migliori energie, più freschi. Questo però é solo una piccola parte del risultato, poiché ci capiterà talmente tante volte di risvegliarci che alla fine la nostra morte serale ci apparirà quello che é: un gioco a cui abbiamo partecipato da primi attori e coloro che restano dopo noi, sapranno che li abbiamo salutati tutti, avremo chiesto scusa per il dolore che avremo procurato loro, e per i disagi delle cose lasciate a metà. Se a questo gioco partecipano le persone intorno a te, ne ricaveremo la stessa benefica certezza: ci hanno salutato prima di andare.    ( Continua...)

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Proprio quando il soffione esplode in mille pezzetti e sembra morire, il pappo vola lontano a fecondare nuova vita.

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